Espresso del  (30.04.1997)
            INELEGGIBILITA' / UN RICORSO CONTRO BERLUSCONI

                         Dateci un altro giudice

    La  Camera ha confermato  il seggio al  cavaliere.  Ma  il comitato Sylos
Labini non si arrende.E  va a  Strasburgo 
Primo  Di Nicola. 
Sei pagine  dattiloscritte, qualche allegato e un obiettivo molto ambizioso:
far condannare lo Stato italiano per le procedure  seguite nel dichiarare  
valida l'elezione a  deputato di Silvio Berlusconi.

    Il comitato  per   la   trasparenza   delle   cause   di   ineleggibilita'
parlamentare, fondato dall'economista Paolo  Sylos  Labini  (ne  fanno  parte
anche Paolo  Flores  d'Arcais,  Alessandro  Galante  Garrone,  Ettore  Gallo,
Antonio Giolitti, Alessandro  Pizzorusso, Vito  Laterza e  Aldo Visalberghi),
non  disarma  e  prosegue  a  Strasburgo  la  sua  battaglia  per  dimostrare
l'illegittimita'  della  nomina  ad  onorevole  del  capo  di  Forza  Italia,
richiesta avanzata dopo  le  elezioni  dello  scorso  anno  alla  Camera  dei
deputati in base all'articolo 10 del decreto presidenziale del marzo '57, che
dichiara  ineleggibili coloro che in proprio o in qualita'  di rappresentanti
legali  di societa' o imprese private  risultino vincolati con  lo Stato per
contratti, concessioni o autorizzazioni  amministrative  di  notevoli  entita'
economiche.  (Berlusconi e' proprietario di Mediaset, che gestisce tre reti tv
nazionali proprio in base a una concessione).

Alla  Commissione europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, dopo che il 17
ottobre scorso la giunta delle  elezioni  della  Camera  aveva  respinto  gli
esposti contro Berlusconi, il  comitato  si  rivolge  ora  per  accertare  la
violazione  dell'articolo 6 della Convenzione  europea dei diritti dell'uomo.

Il comitato di  Sylos  lamenta,  essendo  la  decisione  della  giunta  delle
elezioni inappellabile, l'esclusione di ogni ulteriore via di ricorso, magari
di  fronte alla magistratura ordinaria come accade in Inghilterra, per vedere
trattata  la questione in .un'equa e pubblica udienza, davanti a un tribunale
indipendente  e imparziale.  (la giunta,  organismo interno della Camera, non
viene ritenuto tale), come vorrebbe  invece  la  Convenzione.