Espresso (19.11.1998)tratto dall'archivio in Internet
CONFLITTO D'INTERESSI /NUOVE INIZIATIVE
O la Camera o l'azienda. Una proposta di legge, un appello. Per chiarire
quando un cittadino non puo' fare il parlamentare. E superare penosi cavilli
di Primo Di Nicola
Un appello ai presidenti di Camera e Senato. E una proposta di legge per
tagliare ogni dubbio alla radice.
Sul campo di battaglia del conflitto di interessi e della ineleggibilita' dei
parlamentari affluiscono nuove munizioni. Dopo la dichiarazione di guerra
del presidente dell'Udr Francesco Cossiga al leader di Forza Italia e
proprietario di Mediaset Silvio Berlusconi, con tutto il peso della sua
autorevolezza scende in campo per rilanciare la sfida anche il Comitato per
la trasparenza delle cause di ineleggibilita' parlamentare e dei conflitti di
interesse guidato dall'economista Paolo Sylos Labini. Anzitutto, per
reclamare da Luciano Violante e Nicola Mancino un controllo rigoroso sui
lavori delle assemblee parlamentari chiamate in questi giorni a legiferare
sul delicatissimo tema. E poi per caldeggiare l'approvazione della proposta
di legge del deputato Elio Veltri, studiata per eliminare ogni altro
possibile equivoco sulla interpretazione della legislazione in vigore,
aggiungendovi altre restrizioni. <<Se i partiti non avessero sacrificato i
rigori della legge alla ragion politica e al compromesso con il leader di
Forza Italia, sperando di fare in Bicamerale quelle riforme poi miseramente
fallite>>, spiega Veltri, <<a quest'ora Berlusconi sarebbe gia' a casa con la
sua corte di consulenti e con gli altri parlamentari in condizione di
ineleggibilita'>>. Continua Veltri:
<<Abbiamo studiato le motivazioni risibili con le quali costoro sono stati
salvati dalla giunta delle elezioni della Camera: la mia proposta serve a
tamponare le falle>>. Che sono molte, visto quanto e' successo negli ultimi
anni. All'inizio dell'ultima legislatura, il comitato di Sylos Labini,
formato da personalita' non legate ai partiti, lancio' una campagna per far
rispettare la legge del marzo del '57. Secondo questa normativa non sono
eleggibili coloro che in proprio o in qualita' di rappresentanti di societa'
o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o
autorizzazioni di notevole entita' economica; i rappresentanti,
amministratori e dirigenti delle societa' medesime, nonche' tutti i loro
consulenti legali e amministrativi. Una legge che si direbbe studiata
apposta per risolvere i conflitti berlusconiani (le sue tv trasmettono grazie
ad una concessione) se non fosse che e' stata varata da ben 40 anni. Il 23
maggio di due anni fa (vedere "L'Espresso" n.19 del '96), il comitato di
Sylos si appello' a coloro che per legge potevano presentare ricorsi contro i
deputati e i senatori ineleggibili: cioe', gli elettori dei collegi
interessati e i candidati battuti nei confronti diretti. Partirono ben 15
ricorsi, tra i quali spiccavano quelli contro Berlusconi;
Vittorio Cecchi Gori, senatore dell'Ulivo e patron di Telemontecarlo;
Antonio D'Alo', senatore del Polo e proprietario di una tv siciliana;
quindi, altri amministratori e consulenti del circo berlusconiano come
Marcello Dell'Utri, al tempo consigliere di Mediaset, Cesare Previti, Gianni
Pilo e Antonio Martusciello.
Con disappunto del comitato e dei ricorrenti, il 17 ottobre del '96 la giunta
delle elezioni, l'organo della Camera competente a giudicare
sull'eleggibilita' dei suoi membri, respinse i ricorsi.
Le motivazioni? Per quanto riguarda Berlusconi, la pratica venne archiviata
per manifesta infondatezza visto che la stessa questione era gia' stata
esaminata dalla giunta della precedente legislatura e risolta a favore del
leader di Forza Italia in quanto la Fininvest (ora Mediaset) era una societa'
della quale il Cavaliere risultava "solo" azionista di maggioranza, ma non
legale rappresentante (si era infatti dimesso da tutte le cariche).
Inoltre, basandosi sulla dizione <<in proprio>>, presente nella legge del
'57, la giunta aveva delimitato l'ineleggibilita' al singolo soggetto,
personale e diretto concessionario dello Stato, salvando chi, indirettamente,
deteneva la concessione in forma societaria.
A nulla valsero le proteste del comitato, che faceva notare come, singolo o
societa', la sostanza del problema era la stessa; oppure che le aziende in
condizioni, per le loro dimensioni tecniche e patrimoniali, di ottenere
concessioni di notevole entita', sono ormai tutte sotto forma societaria.
<<Siamo di fronte a penosi cavilli>>, commenta Sylos Labini: <<L'esclusione
della ineleggibilita' per chi di fatto determina le scelte degli
amministratori e delle politiche aziendali e che, pur senza ricoprire cariche
ufficiali nella societa' resta, comunque, l'ispiratore, il suggeritore, il
regista della concessionaria, e' una forzatura priva di fondamento che
offende l'intelligenza degli italiani>>.
Proprio per evitare che simili episodi si ripetano arriva la proposta-Veltri
che estende (o riestende) con chiarezza l'ineleggibilita' a <<coloro che
controllano le societa' o le imprese private>> o che possono <<disporne in
tutto o in parte, direttamente o indirettamente, o che risultino poterne
determinare in qualsiasi modo le scelte e gli indirizzi>>.
La proposta tampona anche una falla che in tema di ineleggibilita' veniva
lasciata aperta, nonostante i parlamentari del Polo si affannino a dimostrare
il contrario, dal progetto di legge Frattini in discussione in Parlamento.
Secondo questo testo, gia' approvato alla Camera e in attesa di essere
esaminato dal Senato, le norme che regolano il conflitto di interesse si
applicano ai soli titolari di cariche di governo (presidente del Consiglio,
ministri e sottosegretari); agli amministratori di societa' di interesse
nazionale, di quelle a maggioranza pubblica o per le quali lo Stato ha potere
di nominare i vertici; ai componenti delle autorita' di controllo e garanzia;
ai commissari straordinari.
Tra costoro, chiunque risulti proprietario di mezzi di comunicazione di massa
(televisioni, radio, giornali), oppure disponga del controllo diretto o
indiretto di attivita' economiche pari ad almeno 15 miliardi, si trova in
situazione di incompatibilita' e deve, entro 45 giorni dalla nomina,
scegliere se vendere le proprieta', affidarle a un trust, oppure dimettersi.
Incredibile a dirsi, le norme di Frattini non si applicano ai semplici
parlamentari. <<Come se imprenditori in conflitto di interessi>>, spiega
Giuseppe Bozzi, docente di diritto civile alla Luiss, <<non potessero far
danni alla collettivita' anche essendo semplici deputati e senatori>>. Siamo
di fronte a una rappresaglia per eliminare il capo dell'opposizione, come gli
alfieri della destra definiscono la proposta-Veltri?
<<Nemmeno per sogno>>, precisa Vittorio Cimiotta, coordinatore del
comitato-Sylos Labini, <<vogliamo solo una legislazione con un forte
contenuto etico. Milioni di voti non possono legittimare un'anomalia come
quella berlusconiana: in una societa' civile, prima del voto viene il
rispetto del diritto>>.
A meno che, avverte Sylos Labini, non vogliamo diventare una repubblica
delle banane.