Espresso (24.06.1999) dall'archivio in Internet
Berlusconi, o la democrazia anormale di Paolo Sylos Labini
L'affermazione di Silvio Berlusconi alle elezioni europee, decisamente
aiutata dal controllo delle sue reti televisive, ha rimesso in discussione la
questione del conflitto d'interessi, una questione riconosciuta non
pretestuosa da tutti, a destra e a sinistra, e perfino da Berlusconi, che
nomino' i ben noti tre saggi per poi metterli subito da parte. La questione
del conflitto d'interessi non solo e' genuina, ma e' anche molto importante:
non ha paragoni in nessuno dei paesi civili e per di piu' infrange una legge
del 1957, varata quando Berlusconi non c'era.
Io e altri denunciammo tutto questo ai cosi' detti organi competenti, che per
infelici calcoli di opportunita' politica fecero orecchi da mercante. C'e'
tuttavia un'altra questione anche piu' importante giacche' coinvolge la
nostra stessa immagine in quanto paese civile: Berlusconi e' stato condannato
tre volte, in primo grado, e ha ricevuto alcune decine di avvisi di garanzia.
Io dico che la formula secondo la quale nessuno puo' essere considerato
colpevole fino alla sentenza definitiva e' una formula valida legalmente:
essa non impedisce che ciascuno di noi si formi un suo giudizio in quanto
cittadino. Non un secolo fa, ma solo poche decine di anni fa non occorrevano
tre condanne di primo grado e decine di avvisi di garanzia, ma molto meno per
indurre l'uomo politico messo in discussione a mettersi da parte fino a
quando aveva chiarito la sua posizione. Berlusconi e i suoi difensori
affermano pero' che Borrelli, D'Ambrosio, Colombo, Davigo e altri hanno messo
in atto una vera persecuzione giudiziaria per motivi politici: tutte toghe
rosse, con complici anche in Spagna. Prove di tali affermazioni: nessuna.
Per di piu', se si fa il censimento delle persone piu' vicine a Berlusconi
appare che il numero di quelle indagate dai giudici piu' diversi e'
impressionante.
Ho presentato, sul "Ponte", la traduzione di un articolo su Berlusconi
pubblicato nel luglio del 1998 dall'"Economist". Ecco due citazioni.
1) "L'Italia non e' ancora una democrazia normale. Infatti, se si accetta la
spiegazione data da Berlusconi, l'Italia e' un paese in cui la magistratura
si muove in base a motivazioni politiche; se invece non si e' d'accordo col
suo punto di vista, allora e' un paese la cui opposizione e' disposta a
seguire un leader criminale. Nell'uno e nell'altro caso, l'Italia non passa
l'esame di normalita'.
2) "Berlusconi ha mandato a monte il tentativo, durato diciotto mesi, di
riforma costituzionale soprattutto perche' il suo desiderio di ridimensionare
la magistratura era stato contrastato. L'Italia potra' anche essere nella
serie A della moneta unica, con la Francia e la Germania, ma una democrazia
normale non lo e' di certo".
Debbo confessare che quando ho letto questo articolo sono arrossito, forse
perche' sono politicamente sprovveduto. Per un miserabile do ut des i
politici, anche Ds, stanno preparando una norma pro-Previti, uno dei grandi
perseguitati, con effetti collaterali dirompenti su molti processi ( "Salvate
il soldato Previti", "L'Espresso" n. 24-1999).
Potremo veramente diventare un paese normale?