Fratello P2 1816 - Mario Guarino ed. Kaos

 

Allo scopo di rispettare i diritti d'autore e con l'intento di non perdere il significato del testo, nelle pagine che seguono riassumo cio' che e' pubblicato nel libro "Fratello P21816" di Mario Guarino edito dalla Kaos-Milano  - Le frasi in blu sono quelle scritte da Guarino e pubblicate nel libro, le frasi in nero sono mie.

 

Berlusconi non ha affatto "inventato" la Tv privata in Italia; le prime Tv private italiane  furono Telebiella e Tele Firenze Libera, che cominciarono a trasmettere via cavo nel 1973-74.

Anno 1976

 

Il 28 luglio 1976 la Corte costituzionale ribadi' la legittimita' del monopolio radiotelevisivo statale della Rai su scala nazionale,ma autorizzo' le trasmissioni radiotelevisive via etere purche' circoscritte all'ambito locale.  Rimaneva dunque in vigore l'articolo 195 del Codice postale, che vietava trasmissioni private radiotelevisive a livello nazionale.

Cominciarono cosi' a sorgere centinaia di nuove emittenti locali via etere in tutta la Penisola, dando origine a una giungla televisiva che il Parlamento avrebbe dovuto regolamentare al piu' presto con l'apposita normativa di settore.

Diversamente da quanto sostengono i suoi agiografi, Berlusconi non e' affatto   diventato il padrone della Tv privata italiana in ragione di miracolose capacita' imprenditoriali, ne' ha creato un impero "dal nulla". E'  piuttosto riuscito a comprare il monopolio della Tv privata grazie a tre elementi convergenti dei quali nessun altro suo concorrente disponeva: rapporti privilegiati con il potere politico, il sostegno occulto della P2, e un impetuoso e carsico fiume di miliardi. ..............

Vengono illustrati i legami col potere politico : prima con Roberto Mazzotta e Massimo De Carolis della destra Dc, poi quelli con l'anticomunista Craxi;  l'entrata di Berlusconi nella compagine azionaria del quotidiano "Il Giornale";

............L'assalto berlusconiano all'etere pubblico fu reso possibile da ingentissimi capitali e dalla connivente complicita' di una parte della classe politica di governo. Era evidente che, nel vuoto di regolamentazione normativa del settore, e in violazione di quanto stabilito dalla Corte costituzionale, la Fininvest berlusconiana stava edificando una illecita struttura nazionale della Tv privata mediante la proditoria occupazione dell'etere pubblico. Ma il piduista 1816 pote' contare sull'avallo sia del secondo governo Cossiga (un tripartito Dc-Psi-Pri entrato in carica il 4 aprile  1980), sia sul governo Forlani (un quadripartito Dc-Psi-Psdi-Pri varato il 18  ottobre 1980): due esecutivi caratterizzati dal ritorno del Psi al governo, dal prevalere nella Dc della destra anticomunista, e dall'infiltrazione della P2.  Il fatto che l'assalto berlusconiano all'etere fosse un piano orchestrato all'ombra della P2 divenne evidente nell'autunno del 1980, quando l'illegale network Canale 5 usci' allo scoperto e sferro' l'attacco frontale al monopolio della Rai-Tv <<in nome della liberta' d'antenna>> (come stabiliva il Piano di rinascita piduista).

NOTA :

Nel secondo governo Cossiga c'erano 3 ministri e 5 sottosegretari iscritti negli elenchi della P2: i ministri Adolfo Sarti (in attesa di affiliazione), Franco Foschi(tessera P2 1913) e Enrico Manca (tessera P2 2148); i sottosegretari Francesco Fossa (Psi, tessera P2 2001), Amleto Monsellato (Psi, fascicolo P2 0054), Rolando Picchioni (Dc, tessera P2 2095), Vito Napoli (Dc, tessera P2 2170), Pasquale Bandiera (Pri, fascicolo P2 0114).

Nel successivo governo Forlani c'erano ancora i tre ministri (Sarti, Foschi e Manca), piu' 5 sottosegretari piduisti, con l'aggiunta del capo di gabinetto del presidente del Consiglio: il prefetto Mario Semprini (tessera P2 1637).

Il Mundialito della P2

Anno 1980

In Uruguay, a Montevideo tra il 30 dicembre 1980-10 gennaio 1981 fu organizzato un torneo calcistico, battezzato "Mundialito", che comprendeva le nazionali che avevano vinto, a partire dal 1930, la Coppa del mondo di calcio.

Al Mundialito uruguaiano diedero la loro adesione le nazionali calcistiche di Argentina, Brasile, Germania, Italia e Olanda (quest'ultima in sostituzione dell'Inghilterra, che pur avendo vinto la Coppa Rimet non aveva ritenuto di partecipare al torneo propagandistico inventato dalla giunta golpista di Montevideo). Il Torneo doveva servire al governo golpista uruguayano per "rilanciare l'immagine" del Paese latino-americano.

Nei mesi di settembre-ottobre 1980 i giornali italiani cominciarono a scrivere del Mundialito presentandolo come l'evento sportivo dell'anno, anzi del decennio: un "supermondiale" calcistico al massimo livello quale mai s'era visto. In prima fila nel suonare la grancassa del "mondiale dei Mondiali" c'erano il maggior quotidiano italiano, "Il Corriere della Sera", e il piu' diffuso quotidiano sportivo, "La Gazzetta dello Sport", entrambi editi dalla Rizzoli controllata dalla P2.

I diritti televisivi del Mundialito per l'Italia e per altri Paesi europei (Germania, Austria, Olanda,Svizzera, Grecia, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia) furono ceduti alla societa' Rete Italia della Fininvest di Berlusconi.

Non si capiva come potesse Berlusconi trasmettere le partite disponendo di una Tv privata locale,Telemilano-Canale 5, articolata in forma di network (emittenti regionali coordinate da Milano), senza la possibilita' di trasmettere in diretta e in ambito nazionale, ne' disponendo del satellite intercontinentale necessario alla teletrasmissione da Montevideo.

"Il Giornale nuovo", il 1' dicembre 1980, scrisse :

<<Canale 5 fa gol al Mundialito - L'emittente privata, assicurandosi l'esclusiva, ha fatto segnare una svolta nella storia televisiva>> ……<< Solo piu' tardi, alla Rai, qualcuno ha capito il vero pericolo: le partite del Mundialito trasmesse da una Tv privata e non da quella di Stato faranno scoprire a milioni di tifosi italiani il sottile piacere di sentirsi finalmente liberi>>.

Nella stessa pagina, sotto il titolo <<Quando il monopolio vuol nascondere un abuso di potere>>, il quotidiano berlusconiano scriveva ancora: <<I prossimi giorni saranno decisivi per una vicenda giuridico-sportiva i cui effetti sono destinati a non esaurirsi in tempi brevi e a proiettarsi sui futuri rapporti fra iniziativa privata e iniziativa pubblica nel settore delle teletrasmissioni>>.

L'articolo, che attaccava frontalmente il monopolio della Rai, era firmato da Giuseppe Prisco, consigliere di amministrazione sia del piduista Banco Ambrosiano sia della Rizzoli Editore controllata dalla P2.

Benche' all' apparenza incomprensibili, gli intenti di Berlusconi erano precisi: assicuratosi i diritti esclusivi di teletrasmissione del Mundialito, e amplificando attraverso i mass media controllati dalla P2 l'attesa e la portata del torneo calcistico internazionale presso i molti milioni di sportivi italiani, l'affarista piduista intendeva arrivare a rompere il monopolio Rai.

Dichiarazione a riguardo di Berlusconi : <<Qui non e' in gioco solo il torneo del Mundialito che pure interessa tanto i milioni di tifosi italiani … Noi non abbiamo cercato in questa trattativa un affare economico: abbiamo solo contato su un "utile" di simpatia e di principio … L'Eurovisione era gia' fuori da questa trattativa, e gli italiani non avrebbero visto queste partite. Noi, invece, intendiamo fargliele vedere… Il principio del monopolio della Rai sul territorio nazionale e' gia' sul banco degli accusati di fronte alla Corte costituzionale. La legge non e' un totem intoccabile, e' una norma che tutti insieme ci siamo dati per regolare al meglio la nostra convivenza. La legge non puo' essere contro il buon senso, e questo e' semplicemente un caso di buon senso. Gli italiani hanno diritto di sapere per quale motivo, in virtu' di quale interesse pubblico, potrebbe essere loro proibito di assistere in diretta alle partite della loro nazionale calcistica>>.

Canale 5, non disponendo del satellite, chiese alla RAI di poter disporre del satellite per la teletrasmissione delle partite da Montevideo.

Il ministro delle Poste, il socialdemocratico Michele Di Giesi espresse verbalmente un immediato rifiuto. <<Se lo Stato consentisse che i privati, pochi privati, monopolizzassero i servizi televisivi su tutto il territorio nazionale, solo a pochi, in concreto, sarebbe possibile fruire del diritto sancito dall'art. 21 della Costituzione, mentre la maggioranza ne sarebbe esclusa>> (Il Giorno" 3 dicembre 1980)

Berlusconi, per legittimare il suo illegale network, invocava l'art. 21 della Costituzione (<<Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione>> , ignorando che l'etere pubblico era una risorsa limitata.

In Italia la vicenda del Mundialito - gonfiata dai giornali piduisti attraverso una martellante campagna - comincio' ad assumere i contorni di un vero e proprio "affare di Stato", con aspetti sempre piu' marcatamente politici e un crescendo di polemiche roventi.

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Il piu' importante quotidiano italiano, il "Corriere della Sera", controllato dal banchiere piduista Roberto Calvi e diretto dal piduista Franco Di Bella (tessera 1887), era in prima fila nel sostenere la trama politico-affaristica italo-uruguaiana che vedeva impegnato il "fratello" 1816, e dedicava intere pagine all ' evento-Mundialito

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In Italia la campagna dei media piduisti crebbe di intensita' stringendo d'assedio la Tv di Stato e la classe politica, e sobillando la pubblica opinione. Il piu' diffuso settimanale italiano "Sorrisi e Canzoni Tv" (controllato dalla Rizzoli piduista), arrivo' a dedicare all'evento-Mundialito un servizio lungo dieci pagine, con tanto di foto e dichiarazione del piduista 1816: <<Per trasmettere il Mundialito in diretta occorre il satellite, e Canale 5 ha chiesto la regolare autorizzazione al ministero delle Poste: non si vede come questa autorizzazione possa continuare a esserci negata. Ma occorre anche l'autorizzazione a collegare via etere tutte le stazioni di Canale 5, e anche per questo abbiamo presentato domanda>>.………

Nell'affaire Mundialito svolse un ruolo decisivo anche "La Gazzetta dello Sport", il piu' diffuso quotidiano sportivo italiano,edito dalla Rizzoli piduista ……..

"La Gazzetta" piduista scrisse, a mo di avvertimento: <<Il ministro ha rifiutato agli italiani la visione del Mundialito anche se non poteva ignorare l'interesse vastissimo per questa trasmissione. Formalmente ha detto picche a un'emittente privata, ma sostanzialmente ha invitato tutti gli italiani a vedersi qualcos'altro pur di tutelare l'interesse dell'ente di Stato …Certo e' comodo per un politico acquistare benemerenze presso la Rai, ma lo sportivo e' anche un elettore, e puo' mantener fede al suo credo politico limitandosi a cambiare la preferenza, anche se una certa faccia appare piu' a lungo e piu' spesso in televisione>> .Nella stessa pagina, "La Gazzetta dello Sport" pubblicava la veemente reazione del "fratello" Berlusconi al no ufficiale del ministro: <<Siamo sorpresi e indignati. Riconfermo la volonta' di proseguire la battaglia in difesa di principi che ritengo sacrosanti>>.......

Il 20 dicembre avvenne il primo, incredibile colpo di scena un vero miracolo italiano. Come aveva "previsto" il piduista 1816, il ministro delle Poste Di Giesi, ribaltando la posizione di chiusura affermata e ribadita fino al giorno prima, annuncio' all'improvviso la sua disponibilita' di concedere a Canale 5 l'uso del satellite della Rai nel quadro di un accordo fra l'illegale network dell'affarista piduista e la Tv di Stato, accordo che il ministro si impegno' pubblicamente a ricercare in prima persona al piu' presto......

Subito dopo arrivo' il secondo miracolo. Anche la Tv di Stato, che fino al giorno prima aveva negato l'eventualita' di accettare una simile soluzione e comunque di patteggiare un accordo con Canale 5, manifesto' una improvvisa disponibilita' all'intesa prospettata dal ministro ……………..

L'affarista piduista di Canale 5, dunque, non solo aveva piegato ai suoi voleri il ministro delle Poste e la Tv di Stato, ma si era anche liberato degli inutilizzabili diritti esteri (bloccati dal veto dell'Eurovisione), che aveva rifilato in blocco alla Rai a prezzo maggiorato. La Tv di Stato italiana che fino a poco prima aveva costituito l'ostacolo al compiersi della operazione-Mundialito in Europa, nel volgere di poche ore ne era divenuta il cardine. A spese dei contribuenti italiani, e a beneficio delle tasche, degli affari e della popolarita' del "magico imprenditore" affiliato alla P2, il quale apparve, agli occhi di milioni di sportivi italiani, poco meno che un eroe. Una raffica di miracoli italiani.......

L'operazione-Mundialito era stata un vero supermiracolo. Aveva permesso al piduista 1816 di infrangere il principio del monopolio della Rai, aveva legittimato l'illegale struttura nazionale di Canale 5, e aveva consacrato presso milioni di italiani la notorieta' del network berlusconiano e del suo capo. Sullo sfondo, aveva confermato l'asservimento della classe politica di governo al potere occulto della Loggia massonica di Gelli.

Anno 1981

Il 18 febbraio si svolse a Milano un convegno intitolato "Servizio pubblico radio-televisivo e regolamentazione dell'emittenza privata". ……

Intervenne il ministro delle Poste Di Giesi, il quale annuncio' che il governo avrebbe presentato <<entro fine marzo>> una proposta di legge sulla regolamentazione dell'emittenza privata. Naturalmente si trattava di una messinscena: in realta' il settore televisivo doveva essere mantenuto nell'anarchia per anni, cioe' fino a quando il "fratello" 1816 non avesse conquistato e consolidato il monopolio assoluto della Tv privata......

A fine aprile una delle prime denunce presentate dall'Anti (Associazione nazionale teleradiodiffusioni indipendenti).ando' a segno. Il pretore di Genova Francesco Lalla diffido' la Tv genovese "A & G Television" dall'irradiare in Liguria i programmi di Canale 5. Le indagini effettuate dalla Polizia postale avevano dato un esito chiaro: la Tv ligure <<trasmette in collegamento e contemporaneamente al circuito facente capo, a Milano, a Canale 5>>. In assenza di specifiche norme di legge, il pretore genovese si richiamo' al Codice postale e al principio stabilito dalla Corte costituzionale, in base al quale le trasmissioni a carattere nazionale erano riservate al monopolio Rai.

Coperto dalla Loggia segreta e spalleggiato dai referenti politici, Berlusconi non solo non cesso' di violare la sentenza della Consulta, ma rilancio', strumentalizzando di nuovo la popolarita' del gioco del calcio......

Siamo nella primavera del 1981 - Il partito maggiore dell'opposizione che faceva?

Si riscosse dal torpore il piu' forte partito di opposizione, il Pci. I deputati comunisti Luca Pavolini e Antonio Bernardi presentarono un'interpellanza ai ministri delle Poste e dello Spettacolo <<per sapere come intendano evitare che la grande maggioranza dei teleutenti italiani venga privata della possibilita' di vedere in Tv gli incontri delle partite di calcio>>. I due parlamentari denunciarono il pericolo che <<venga precostituita illegalmente dal costruttore Berlusconi una rete di emittenti direttamente collegate via etere>>, e affermarono che <<le offerte mirabolanti del costruttore Berlusconi>> avevano come reale finalita' il controllo monopolistico della Tv privata. Il Pci paventava un pericolo che si era gia' concretamente realizzato......

Il 20 maggio 1981 scoppio' lo scandalo della P2: la magistratura milanese aveva "scoperchiato" la Loggia massonica segreta, e vennero divulgati gli elenchi degli affiliati, fra i quali - insieme a politici di governo, militari, banchieri, boiardi di Stato, spioni, faccendieri - c'era anche Silvio Berlusconi.......

Poiche' il governo disattendeva gli impegni presi riguardo la regolamentazione dell'emittenza privata,

il 21 luglio 1981 la Corte costituzionale, con una nuova sentenza, confermo' la legittimita' del monopolio televisivo statale in ambito nazionale, e ribadi' che le Tv private dovevano avere carattere locale. Una limitazione - stabiliva la Consulta a chiare lettere - che avrebbe potuto venire meno solo quando il Parlamento avesse apprestato <<un sistema di garanzie tale da impedire concentrazioni oligopolistiche, incluse quelle pubblicitarie>>.

Di fatto, la Corte costituzionale dichiarava illegittimo il network della Fininvest, concentrazione "oligopolistica" di piu' Tv locali che trasmettevano stessi programmi in contemporanea, e che aveva gia' raggiunto una posizione dominante anche nell'ambito della raccolta pubblicitaria . Nella loro sentenza, i giudici della Consulta rilevavano inoltre <<la permanente carenza di una normativa adeguata>> per la <<persistente inerzia del legislatore>>.

Sentenziava la Corte Costituzionale :

<<L'emittenza privata puo' essere attualmente esercitata senza le conseguenze dannose di cui si e' parlato solo in ambilo locale per la oramai acquisita pluralita' di altre emittenti di diversi e contrastanti indirizzi, mentre largamente travalicherebbe questi limiti qualora si estendesse a tutto il territorio nazionale, ove i suoi effetti si moltiplicherebbero di intensita' finendo con l'attribuire al soggetto privato, operante in regime di monopolio o di oligopolio, una potenziale capacita' di influenza incompatibile con le regole del sistema democratico. Capacita' che si risolverebbe….. proprio nella violazione di quell'art. 21 della Costituzione che invece si invoca a sostegno della tesi favorevole all'abolizione del monopolio statale. Infatti, come e' evidente, la delincata posizione di preminenza di un soggetto o di un gruppo privato non potrebbe non comprimere la liberta' di manifestazione del pensiero di tutti quegli altri soggetti che, non trovandosi a disporre delle potenzialita' economiche e tecniche del primo, finirebbero col vedere progressivamente ridotto l'ambito dell'esercizio delle loro liberta'>>. Dunque, il network berlusconiano era illecito.

Il governo, continuando a non rispettare l'impegno preso di presentare una proposta di legge di regolamentazione dell'emittenza privata, indusse l'opposizione a farsi sentire.

Alla fine del 1981 l'opposizione di Sinistra denuncio' in Parlamento il <<clima di anarchia>> nell'etere pubblico. Il ministro delle Poste assicuro' che <<quanto prima>> il governo avrebbe messo a punto il disegno di legge per regolamentare le Tv private.......

Anno 1982

Siamo all'inizio del 1982

L'espediente truffaldino di Canale 5 (trasmissioni in contemporanea su scala nazionale attraverso una trentina di emittenti locali) nel frattempo fece scuola. Tra 1'1 e il 4 gennaio 1982 nacquero altri due network i quali, ricorrendo al medesimo sistema del "pizzone", cominciarono a trasmettere a livello nazionale violando le sentenze della Corte costituzionale e il Codice postale. Erano il circuito Italia 1 (di proprieta' dell'editore Rusconi, con 22 emittenti associate), e il circuito Retequattro (controllato dalla Mondadori, con 18 emittenti)......

Anche il ministero delle Poste, che come la Rai per due anni aveva tollerato, alimentato e avallato l'illegalita' di Canale 5, con l'avvento di Italia 1 e Retequattro all'improvviso si ridesto', e mando' ai tre illegali network la seguente diffida:

<<Avete realizzato una vera e propria rete televisiva a diffusione nazionale che viola palesemente la legge. In considerazione di cio', diffidasi codesta societa' dal proseguire nell'attivita' intrapresa, avvertendo che, in caso di mancato adempimento entro due giorni dal ricevimento della presente comunicazione, si procedera' d'ufficio alla disattivazione e al sequestro degli impianti>> ....

A fine anno 1982 una legge di regolamentazione del sistema radiotelevisivo privato ancora non esisteva

Il solo argine al monopolio nazionale di Canale 5 nell'etere privato era dunque rappresentato dai network Italia 1 (Rusconi) e Rete 4 (Mondadori)......

La competizione di Italia 1 e Retequattro con il network berlusconiano era comunque impari. L'attivismo di Canale 5 era supportato da un fiume di miliardi, grazie ai quali il network della Fininvest spadroneggiava in lungo e in largo comprando film e programmi, ingaggiando teledivi strappati alla Rai senza badare a spese, effettuando investimenti tecnici miliardari. E quale fosse l'esatta strategia berlusconiana risulto' chiaro nel novembre 1982, quando la Fininvest compro' a peso d'oro dalI'editore Rusconi il primo dei due network concorrenti, Italia 1: lo pago' circa 80 miliardi. Nonostante la situazione finanziaria <<alquanto provata>>, l'ex "fratello" 1816 sborso' l'ingentissima somma.

Anno 1983

Le elezioni politiche del 27 giugno 1983 sancirono un buon risultato elettorale per il PSI per cui

grazie al buon risultato elettorale del Psi (e all'arretramento della Dc), Craxi divento' presidente del Consiglio. E il 4 agosto varo' il suo primo governo, con l'ex piduista Pietro Longo ministro del Bilancio . Un governo che - a conferma del sodalizio politico e affaristico Craxi-Berlusconi - sara' subito pronto a salvare i due network berlusconiani dal naufragio......

In autunno il presidente della Mondadori, Mario Formenton, reclamo' il varo della legge di regolamentazione dell'emittenza televisiva. La casa editrice milanese aveva accumulato forti passivita' per sostenere l'attivita' del network Retequattro, ed era restia ad affrontare nuovi investimenti nel settore televisivo <<proprio per la mancanza di una legge chiara>> che lo regolamentasse con <<criteri di trasparenza della proprieta' e norme antitrust>>. Il network mondadoriano era in difficolta', soverchiato nella raccolta pubblicitaria della concorrenza a tenaglia dell'accoppiata berlusconiana Canale 5-ltalia 1.....

La giungla anarcoide dell'etere pubblico era uno scandalo sempre piu' macroscopico: in tutto l'Occidente, solo in Italia mancava una regolamentazione legislativa di settore.

Anno 1984

Piero Ottone, rappresentante di Retequattro nel gennaio 1984, dichiarera' alcuni anni dopo, commentando la posizione che l'ex-piduista 1816 aveva occupato nel Far West televisivo:

<<Ricordo gli sforzi sovrumani che Berlusconi faceva per impedire che il Parlamento legiferasse sulla televisione. Con tutti i mezzi, e soprattutto con un Psi che allora aveva il potere di coalizione, e quindi poteva minacciare di far cadere i governi, Berlusconi impedi' che vi fosse una legge sulla televisione, per acquistare una posizione di predominio>>

Il 19 gennaio il pretore di Genova Francesco Lalla condanno' Berlusconi a due mesi di arresto e 400 mila lire di multa (con i benefici di legge). Il capo di Canale 5 e Italia l era colpevole di aver violato le norme del testo unico del Codice postale (che riservava alla Rai-Tv la trasmissione in contemporanea su tutto il territorio nazionale), nonche' le sentenze della Corte costituzionale in materia......

Nell'estate del 1984 Retequattro fu costretta alla resa: al vertiginoso prezzo di 135 miliardi, Berlusconi compro' il network mondadoriano, elimino' l'ultimo concorrente e conquisto' il monopolio assoluto della Tv privata. Un altro miracolo italiano.

Ricordera' il politologo Giorgio Galli:

<<Berlusconi era un competitore di tipo molto particolare. Me ne parlo' Mario Formenton [presidente della Mondadori, ndr].... Secondo lui, quella berlusconiana non era solo una holding di gestione televisiva: disponeva di fondi praticamente illimitati e di origine oscura. E per tentare di sostenere l'impari competizione, la Mondadori si era coperta di debiti>>

A seguito dell'acquisto da parte di Berlusconi anche di Rete Quattro non solo i partiti di opposizione, ma anche esponenti della maggioranza governativa, protestarono.

In Senato il parlamentare della Sinistra indipendente Giuseppe Fiori denuncio' che Berlusconi con la conquista del pieno monopolio televisivo privato aveva ormai realizzato quanto previsto dal Piano di rinascita della Loggia di Gelli. Ma la denuncia del senatore Fiori cadde nel vuoto.....

Il 16 ottobre 1984 il pretore di Torino Giuseppe Casalbore ordino' la disattivazione e il sequestro degli impianti di interconnessione dei tre network Canale 5, Italia l e Retequattro in Piemonte. Analogo provvedimento adottarono il pretore di Roma Eugenio Bettiol, e quello di Pescara Nicola Trifuoggi, nelle rispettive regioni. I tre magistrati, attivati da denunce di associazioni e privati cittadini, avevano firmato le ordinanze in base alla norma del Codice postale che vietava le teletrasmissioni di privati su scala nazionale......

La mattina di sabato 18 ottobre - cioe' quarantotto ore dopo il provvedimento pretorile contro la interconnessione, che la Fininvest aveva trasformato in un inesistente "oscuramento" il presidente del Consiglio Bettino Craxi, da Londra dove era in visita di Stato, annuncio' che <<dopodomani ci sara' un Consiglio dei ministri sul problema dell'emittenza privata>>......

Intanto la Fininvest proseguiva la sua martellante campagna di protesta mediatica basata sul falso presupposto che i pretori avessero "oscurato" i tre network in Piemonte, Lazio e Abruzzo.Era una manovra sul genere di quella gia' sperimentata ai tempi del Mundialito: si sobillavano milioni di telespettatori orfani di "Puffi", telenovele, "Dallas" e "Dinasty" - contro la magistratura e contro la Rai, incitandoli a rivolgere telefonate di protesta al Parlamento. Primattore della populistica campagna mediatica contro i pretori e la Tv di Stato era l'ex piduista Maurizio Costanzo......

La Dc era divisa, ma Craxi la piego' ai suoi voleri minacciando la crisi di governo e le elezioni anticipate. Cosi', alle ore 16 di sabato 20 ottobre 1984, da palazzo Chigi venne diffuso il seguente comunicato:

<<Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del presidente del Consiglio on. Craxi e del ministro delle Poste on. Gava, un decreto-legge che consente, fino alla approvazione della nuova disciplina del settore radiotelevisivo e comunque per non oltre un anno da oggi, la prosecuzione dell'attivita' delle singole emittenti radiotelevisive private, quale si e' finora tipologicamente configurata e con gli impianti di radiodiffusione gia' in funzione il 1' ottobre 1984... Il provvedimento e' inteso a sanare la situazione di diseguaglianza che si e' venuta a creare fra gli utenti delle varie zone del territorio nazionale, a seguito di alcune recenti decisioni di organi giurisdizionali Il decreto-legge consente altresi', sempre in via provvisoria, l'attivita' sinora espletata dalle emittenti private a mezzo di programmi preregistrati>>.

Uno scandalo nello scandalo. Per la prima volta nell'intera storia repubblicana, un imprenditore privato otteneva dal governo, nel giro di 4 giorni, un provvedimento legislativo ad hoc. Un provvedimento, perdipiu' , che il governo aveva adottato ricorrendo allo strumento del decreto-legge, previsto dalla Costituzione limitatamente ai <<casi straordinari di necessita' e d'urgenza>>. Una maggioranza governativa che da ben 8 anni era inadempiente rispetto al varo di una regolamentazione legislativa dichiarata indispensabile e piu' volte sollecitata dalla stessa Corte costituzionale, nel giro di 96 ore aveva varato un decreto legge che rendeva legale l'illegalita' - un provvedimento che era manifestamente incostituzionale. Mai prima la corrotta partitocrazia governativa era arrivata a un simile sconcio.......

A seguito del decreto governativo i tre network di Berlusconi ripresero a trasmettere in Piemonte, Lazio e Abruzzo regioni in cui furono oscurati dai pretori .

A commento del decreto legge emanato in suo favore, Berlusconi dichiaro' :

<<Il decreto-legge emesso dal governo e' un provvedimento che prende atto della volonta' dei cittadini, ponendosi come immediato strumento di realizzazione di bisogni e aspirazioni diffuse e popolari, ed e' un atto tipico di buon governo… L'atto del governo non puo' che muovere a positive riflessioni sul come, a proposito dei grandi temi della vita nazionale, quando siano in gioco diritti fondamentali dei cittadini, le forze politiche sappiano ancora ntrovare unita' fra esse e sintonia col sentimento popolare, assumendo misure tempestive e utili….. Siamo lieti anche per le imprese utenti della nostra pubblicita' televisiva e i loro lavoratori, per lo scampato pericolo di vedere vanificati gli investimenti pubblicltari, compromessi i piani di produzione e vendita, minacciati i livelli occupazionali….. Ringraziamo di gran cuore il pubblico, vero vincitore di questa battaglia, per il grande attaccamento dimostrato ai nostri network e per la forza, la vivacita', la spontaneita' della sua corale protesta contro lo spegnimento delle nostre voci e l'oscuramento delle nostre immagini>>.

Il 25 ottobre 1984, alla Camera, venne esaminato il decreto-Berlusconi in riferimento ai requisiti di <<straordinarieta' e urgenza>> previsti dalla Costituzione per i decreti. In spregio alla decenza, e con uno scarto di pochi voti, i deputati riconobbero al provvedimento i presupposti di <<straordinaria necessita' e urgenza>> - ai numerosi dissidenti della maggioranza governativa si sostituirono i voti dei deputati del Msi......

Il 3 dicembre, i pretori di Torino e Roma, applicando la legge, rinnovarono la loro ordinanza a carico dei tre network berlusconiani........

L'indomani, 4 dicembre, a palazzo Chigi si svolse un vertice di maggioranza presieduto dal vicepresidente del Consiglio Arnaldo Forlani, presenti fra gli altri i craxiani Martelli e Pillitteri, e i socialdemocratici ex P2 Massari e Orsello. E ventiquattro ore dopo il Consiglio dei ministri presieduto da Craxi varo' un secondo decreto-Berlusconi. Ma stavolta la banda politico-affarista di governo era stata piu' accorta: aveva prima mercanteggiato con la sinistra Dc e con il Pci. Infatti il nuovo decreto-Berlusconi conteneva innovazioni per la Rai-Tv: un passaggio di poteri dal Consiglio di amministrazione alla Direzione generale per accontentare la Dc , premessa a posti di comando per il Pci nella Terza rete della Tv di Stato (in particolare, la direzione del Tg3). In sostanza, con il secondo decreto-Berlusconi la partitocrazia codificava la spartizione politica dell'etere pubblico: la Rai in prevalenza alla Dc e al Pci, l'emittenza privata al Psi craxiano.

Incostituzionale come il precedente, il nuovo decreto-Berlusconi venne definito costituzionale dalla Camera il 12 dicembre con una risicata maggioranza, e ancora grazie al voto decisivo dei missini: molti deputati democristiani lo bocciarono di nuovo.....

Anno 1985

.......In vista del voto al Senato, intorno al secondo decreto-Berlusconi si susseguirono profferte, manovre, ricatti, voci di corruttele. L'ultimo giorno utile per l'approvazione del provvedimento, il 4 febbraio 1985, il governo Craxi arrivo' a porre la questione di fiducia, legando la sopravvivenza del governo all'approvazione del decreto-Berlusconi. Il presidente del Senato Cossiga, d'accordo con il presidente del Consiglio, "strozzo'" il dibattito. Il senatore della Sinistra indipendente Massimo Riva parlo' di <<cattivo odore di affarismo che aleggia intorno a questo decreto>>, e il suo collega Giuseppe Fiori evoco' di nuovo il Piano di rinascita della P2. Il Pci, come sempre incline alla deriva consociativa e spartitoria, rinuncio' a ricorrere all'ostruzionismo. Cosi', poco prima della fatidica mezzanotte, l'assemblea di palazzo Madama voto' la fiducia al governo Craxi e dunque approvo' il decreto-Berlusconi numero due......

.....Ovviamente "la legge generale sul sistema radiotelevisivo" nei 6 mesi delle proroga non arrivo', e alla scadenza - previo vertice di maggioranza e voci di crisi - il governo Craxi si limito' a varare un terzo decreto-Berlusconi che prorogava il secondo di altri 6 mesi, fino al dicembre 1985. Un nuovo scandalo , che il PCI lascio' correre limitandosi a blande proteste.

Neutralizzata la magistratura a colpi di decreto-legge

, il Psi craxiano (spalleggiato dalla destra Dc e dal partiti governativi minori) continuo' a tutelare l'illecito monopolio televisivo-pubblicitario privato di Berlusconi mantenendo la Rai in una situazione di incertezza. Una strategia gia' teorizzata, in termini brutali, dal Piano di rinascita della P2 (<<dissoluzione della Rai Tv in nome delle liberta' di antenna>>).........

Come sempre la storia si ripete : i decreti-legge craxiani a favore di Berlusconi allora neutralizzarono la magistratura impedendo alla magistratura stessa la tutela, in favore del cittadino comune, del diritto fondamentale sancito dall'art. 21 della Costituzione ;

negli anni 2001-2002, il Presidente del Consiglio Berlusconi, per neutralizzare le inchieste giudiziarie su reati compiuti in materia di falso in bilancio e fondi neri in prima persona e grazie ad una maggioranza parlamentare che lo sostiene, fa varare leggi che impediscono alla magistratura di processarlo. Questa e' l'idea di legalita' e di rispetto delle leggi uguale per tutti che l'attuale Presidente del Consiglio possiede.

A meta' dicembre 1985, mentre si approssimava la scadenza del terzo decreto-Berlusconi senza che della legge di riforma del sistema radiotelevisivo ci fosse traccia, arrivo' come manna dal  cielo una sentenza della magistratura romana. Il giorno 16 il Tribunale di Roma, smentendo in appello il giudizio di primo grado del pretore Bettiol, mando' assolte le Tv berlusconiane per le trasmissioni su tutto il territorio nazionale perche' <<il fatto non costituisce reato>>. Una decisione davvero provvidenziale, un nuovo miracolo, e del resto nel collegio dei legali Fininvest c'era il talentoso avvocato Cesare Previti: figlio di Umberto Previti (l'amministratore della Fininvest Roma srl e liquidatore della Edilnord), Previti junior era un vero principe del Foro, specialmente di quello romano.

Il commento di Berlusconi fu il seguente: <<Dopo la decisione chiarificatrice del Tribunale di Roma, reputo impensabile un nuovo intervento censorio di alcuni giudici. Varie considerazioni inducono a ritenere che la vicenda di oscuramento non possa riprodursi. Dovrebbero infatti prevalere: le esigenze della opinione pubblica, che ha chiaramente manifestato il suo gradimento per l'attuale assetto del sistema televisivo; il diritto dei cittadini di ricevere liberamente i programmi televisivi dei circuiti nazionali senza subire tutele o condizionamenti; l'interesse dell'economia nazionale tonificata dalla liberazione della pubblicita' televisiva; I'interesse dei lavoratori della televisione e dello spettacolo; I'impegno del Parlamento intento a elaborare un testo di legge armonico sulla televisione pubblica e privata a cui collaborano tutte le forze politiche, nessuna delle quali ha mai espresso dubbi sulla ammissibilita' della programmazione nazionale dei network. A una eventuale ipotesi di oscuramento, infine, si oppone il principio elementare della certezza del diritto per cui un solenne riconoscimento di legittimita' reso con sentenza pienamente assolutoria non puo' essere rimesso in discussione>>.

Anno 1986

Detto e fatto: il successivo 3 gennaio il primo ministro Bettino Craxi si supero'. Con una nota firmata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il craxiano Giuliano Amato, il governo stabili' che il decreto-Berlusconi non necessitava piu' di alcuna proroga legislativa in quanto il suo assunto pro-Fininvest era ormai acquisito in base <<alla decisione del Tribunale penale di Roma>>. E le parole <<comunque non oltre 6 mesi dalla data di entrata in vigore>> contenute nel testo dei decreti bis e tris? Era stato un semplice espediente per vincere le resistenze parlamentari. L'illecito monopolio berlusconiano - stabiliva il governo - era ormai intoccabile, e senza limiti di tempo.

Dall'opposizione comunista si levarono generiche lamentele. La partitocrazia era immersa al gran completo nelle spartizioni di potere, e soprattutto nelle ruberie di Tangentopoli. ………

Dopo mesi di scontri, spartizioni e mercanteggiamenti tra le forze politiche, il 9 ottobre 1986 - quasi quattro anni dopo la scadenza - la Commissione parlamentare di vigilanza elesse il nuovo Consiglio di amministrazione della Rai: 16 poltrone accuratamente lottizzate fra i partiti di governo e l'opposizione comunista.

Anno 1987

Da Alessandro Gilioli, Forza Italia, Arnoldi editore 1994, pag. 64, E <<proprio a casa Previti, nel febbraio del 1987, si terra' l'incontro fra Manca e Berlusconi per trattare la pax televisiva di Rai e Fininvest>>

Anno 1988

Il 14 luglio 1988 la Corte costituzionale sentenzio' di nuovo in materia televisiva, e ribadi' ancora una volta gli elementari concetti che aveva gia' espresso in precedenza.

I giudici costituzionali ribadirono ancora una volta che, fino a quando non fosse stata approvata la legge di regolamentazione dell'etere pubblico, solo la Tv di Stato poteva trasmettere a livello nazionale. Ribadirono che la legge di regolamentazione doveva predisporre un efficace sistema di garanzie per salvaguardare <<il massimo pluralismo e una pluralita' di voci concorrenti>> nonche' <<un alto grado di trasparenza della proprieta' e dei bilanci>> delle emittenti televisive. E perche' non ci fossero equivoci, la sentenza della Consulta precisava: <<Il pluralismo in sede nazionale non potrebbe in ogni caso considerarsi realizzato dal concorso tra un polo pubblico [la Rai, ndr] e un polo privato che sia rappresentato da un soggetto unico o che detenga una posizione dominante nel settore privato>> - chiaro il riferimento al monopolio Fininvest, bocciato dalla Corte a chiare lettere.

I giudici costituzionali definirono la situazione dell'etere pubblico <<indubbiamente anomala e squilibrata>>, bocciarono senza appello il decreto-Berlusconi, e ammonirono il Parlamento: <<Se l'approvazione della nuova legge [di regolamentazione dell'etere, ndr] dovesse tardare oltre ogni ragionevole limite temporale>> la Corte ne avrebbe sentenziato l'incostituzionalita' <<con le relative conseguenze>>.

Anno 1990

Nella primavera del 1990, in seguito a un ricorso pretorile, la Corte costituzionale preparo' una nuova sentenza in materia televisiva. Una sentenza che avrebbe segnato la fine del monopolio berlusconiano.

I giudici costituzionali abrogavano in pratica la normativa del decreto-Berlusconi, dato che <<la natura provvisoria>> del provvedimento <<costituiva l'unica ragione che [aveva consentito] di giustificare i pur rilevanti vizi di legittimita' costituzionale>> del medesimo, <<e in effetti, la lesione del pluralismo conseguente alla mancanza delle norme di garanzia ha superato il limite della oggettiva tollerabilita'>>.

La perdurante mancanza della legge di regolamentazione, argomentavano i giudici della Consulta, aveva determinato <<l'affermarsi nell'etere di una situazione anomala e squilibrata>>, e gli stessi decreti-Berlusconi erano <<intervenuti in un contesto in cui il valore del pluralismo era gia' seriamente colpito da processi di concentrazione in atto nell'emittenza privata>>.

E ancora: <<La possibilita' di esercitare l'attivita' radiotelevisiva da parte delle emittenti va valutata in relazione alla necessita' non gia' di garantire all'impresa la massima capacita' di lucro, ma all'esigenza di salvagua¡dare il valore del pluralismo informativo>>. Per cui i giudici costituzionali stabilivano che:

<<L'attenta ponderazione dei valori, interessi e problemi in gioco induce ora questa Corte a ritenere che la limitazione al pieno dispiegarsi del valore costituzionale del pluralismo derivante dalla oggettiva, perdurante mancanza delle apposite norme di garanzia non puo' certo considerarsi ulteriormente tollerabile, essendo palesemente eccessivo il lasso di tempo inutilmente trascorso ….. Si sanziona come illegittima soltanto l'attivita' privata su scala nazionale. Cio' che gia' di per se' esclude l'asserito effetto di "annientamento" dell'attivita', che continua a operare in ambito locale>> .

Ma la nuova sentenza della Corte costituzionale - nuovo, incredibile miracolo italiano - non venne emessa. In maniera del tutto irrituale, i giudici della Consulta decisero di tenerla "in sospeso", impropriamente utilizzandola come strumento di pressione per indurre il Parlamento a varare la legge di regolamentazione.

Cosi' la corrotta partitocrazia governativa, quasi interamente asservita agli interessi affaristici dell'ex piduista 1816, si affretto' a provvedere. Ma lo fece ricorrendo al gioco delle tre carte.

La regolamentazione legislativa dell'etere pubblico arrivo' all'esame delle Camere nel luglio del 1990, cioe' 14 (quattordici) anni dopo la sentenza della Corte costituzionale che aveva riconosciuto legittime le Tv private a carattere locale. Come ampiamente previsto, la legge - ribattezzata Mammi', dal nome del ministro repubblicano delle Poste Oscar Mammi' che l'aveva tenuta a battesimo - non regolamentava niente, ma si limitava a "fotografare" l'esistente, cioe' la spartizione dell'etere pubblico in un duopolio: quello statale della Rai (tre reti), e quello privato di Berlusconi (tre network).

L'approvazione della legge fu una delle pagine piu' squallide dell'intera storia repubblicana. Un crescendo di manovre, ricatti, dimissioni di ministri, corruttele, degno culmine di uno scandalo epocale. L' approvazione della legge Mammi' fu il trionfo della partitocrazia di Tangentopoli, l' apoteosi del sodalizio politico-affaristico Craxi-Berlusconi a spese della collettivita', del libero mercato, dello Stato di diritto e della democrazia.

E fece dell' ex-fratello 1816 l'uomo piu' potente e ricco d'Italia: padrone del monopolio della Tv privata e del mercato pubblicitario.

Nessuno si stupi' quando poi, nel corso delle inchieste di Mani pulite, i magistrati di Milano si imbatterono casualmente in un torrente di tangenti pagate da Berlusconi a Craxi. Nel solo periodo tra la primavera del 1991 e l'autunno 1992, ben 22 (ventidue) miliardi, passati dalla societa' All Iberian (definita una tesoreria estera della Fininvest per "operazioni riservate"), ai conti svizzeri del prestanome craxiano Giorgio Tradati Miliardi al corrotto Bettino Craxi, gia' foraggiato dalla P2, da parte dell'ex piduista 1816. Altri miracoli italiani in terra elvetica.